La figura di Efesto, a cui dobbiamo il nome Vulcano, era per Greci e Romani il dio del fuoco e delle fucine. Devoti al dio Efesto erano difatti gli artigiani, gli ingegneri, e gli scultori, che si rivolgevano a lui per chiedere sapienza tecnica e buone fusioni. Si narra che il dio Efesto fosse il il figli di Era, che dopo averlo partorito lo gettò dal monte Olimpo. Questo gli provocò una menomazione, che lo costrinse a camminare per il resto della vita appoggiato ad un bastone. Fu comunque, forse grazie alla sua sapienza ingegneristica e la sua maestria nell’uso dei metalli, moglie della dea della bellezza, Afrodite. Dimec, come gli artigiani dell’Antica Grecia e di Roma, si può dire discendente del dio Efesto, padre della metallurgia. Si dice che la sua fucina fosse nelle viscere del monte Etna, e che i ciclopi gli facevano da assistenti. Lo stesso rombo prodotto dal vulcano Etna, si dice fosse il suono prodotto dalla forza dei colpi dei ciclopi sulle incudini. I simboli di Efesto sono il martello da fabbro, l’incudine e le tenaglie. In qualche rappresentazione è ritratto con una scure accanto. Efesto fu, nella mitologia, difatti, il creatore delle armi degli dei, che si affidavano alla sua maestria nell’uso dei metalli per forgiare armi e corazze di incredibile bellezza e resistenza. Così come Efesto, anche Dimec si affida alla stessa maestria per le sue opere di carpenteria, e alle volte, guardando bene, nei riflessi delle scintille nei laboratori Dimec, si può sentire l’eco dei colpi dei ciclopi, che forgiano armi nel ventre dell’Etna sotto lo sguardo attento di Efesto.